Ho dovuto riflettere
attentamente, cancellandomi dai social network, informandomi autonomamente e mettendo
in discussione alcune mie convinzioni.
Non vi è dubbio, la
Seconda Repubblica è finita.
Sono finiti i partiti che
hanno partecipato alla vita politica del nostro Paese e le ideologie che hanno
ispirato per molto tempo milioni di cittadini.
Temo però non siano venute
a meno certe malsane abitudini degli italiani.
Chiedere, chiedere e
chiedere… in cambio di un voto.
Il voto consegna alla Lega un Nord che “chiede” meno tasse per
le imprese, maggiori tutele alle partite IVA, risposte alla forte immigrazione
e consegna al Movimento 5 Stelle un
Sud, devastato dal perenne disinteresse politico e dal cancro delle mafie, che “chiede”
un sussidio di disoccupazione/reddito di cittadinanza.
Sembra di esser tornati
agli anni Venti del Novecento, quando Piero
Gobetti denunciava lo squallore di una Sinistra proletaria devota al
parassitismo e una Destra borghese decisamente protezionista.
Il Fascismo allora ebbe
la meglio.
Oggi ci auguriamo di non cadere
in tempi bui, ma il destino che ci attende non pare essere così luminoso.
Ve lo immaginate se Lega o CinqueStelle declinassero il termine “meritocrazia” e attuassero
strumenti atti a realizzare un simile meccanismo?
Nell’odierno Stivale
sarebbe il trionfo dei lacchè e dei furbetti.
La soluzione? Un sano liberalismo, fatto di pesi e
contrappesi, che possa dare respiro alla vera politica: una politica
lungimirante, di stampo riformista, capace di superare destra e sinistra per
mettere al centro l’individuo e le sue libertà, capace di valorizzare diritti
sociali ed esigere doveri atti a muovere anche gli spiriti dei soggetti più
renitenti.
La comunità si muove se
unita, ma le differenze tra Nord e Sud mostrano una spaccatura insanabile:
l’agenda politica deve inserire tra i suoi principali punti lo sviluppo di un
federalismo democratico in grado di risolvere, almeno in parte, tali
differenze.
Dopo l’elezione dei
presidenti di Camera e Senato, rischiamo però di consegnare il Paese o a una destra regressiva che aumenterà le
disuguaglianze o a populisti che
porteranno le casse dello Stato a un inequivocabile dissesto.
Questi due possibili
scenari saranno, se non si troveranno ampie maggioranze in Parlamento, il
preludio (nel caso peggiore) di un “commissariamento” europeo o (nel caso “migliore”)
di un ennesimo governo tecnico-politico magari guidato dal Monti di turno (forse
Mario Draghi?).
Il centro-sinistra è stato cancellato, nonostante il PD ha ancora un certo
consenso nell’Italia centrale, la sinistra
alternativa è ridotta al lumicino, quella più radicale festeggia consensi pari all’1%: tra paradossi, perdite di
identità, assenza di leadership, politiche neoliberiste, vetusti linguaggi o
moderna comunicazione priva di appeal, la Sinistra chiude i battenti.
Corbyn nel Regno Unito e
Sanders negli USA hanno ridato un senso al termine Socialismo, ma non basta:
nessuno dei due leader governa o detta le priorità.
Accanto al Socialismo la Sinistra internazionale
deve esplicitamente assumere il Liberalismo
come progetto di rinnovamento del proprio bagaglio politico-culturale.
In Italia dobbiamo
riscoprire Carlo Rosselli, Giuseppe Saragat, Norberto Bobbio, Bettino Craxi: il
socialismo liberale è l’ultima opportunità per porre le basi di una Sinistra
moderna, riformista, moderata, responsabile e capace di rispondere a temi caldi
come la lotta alle disuguaglianze e alla disoccupazione, la salvaguardia
ambientale, il controllo dei flussi migratori, la sicurezza, un welfare
equilibrato che non gravi fortemente sulle casse dello Stato, la diminuzione
del debito pubblico, una valorizzazione del turismo sostenibile, la creazione
degli Stati Uniti d’Europa… e perché no, la difficile impresa di rendere
meritocratico il nostro Bel Paese.
Riepilogo Dati Elezioni Politiche 2018 |