21 marzo 2018

SOCIALISMO LIBERALE, L’ORIZZONTE DEI RIFORMISTI

Ho atteso qualche settimana prima di commentare nel mio blog l’esito delle elezioni politiche del 4 marzo.
Ho dovuto riflettere attentamente, cancellandomi dai social network, informandomi autonomamente e mettendo in discussione alcune mie convinzioni.
Non vi è dubbio, la Seconda Repubblica è finita.
Sono finiti i partiti che hanno partecipato alla vita politica del nostro Paese e le ideologie che hanno ispirato per molto tempo milioni di cittadini.
Temo però non siano venute a meno certe malsane abitudini degli italiani.
Chiedere, chiedere e chiedere… in cambio di un voto.
Il voto consegna alla Lega un Nord che “chiede” meno tasse per le imprese, maggiori tutele alle partite IVA, risposte alla forte immigrazione e consegna al Movimento 5 Stelle un Sud, devastato dal perenne disinteresse politico e dal cancro delle mafie, che “chiede” un sussidio di disoccupazione/reddito di cittadinanza.
Sembra di esser tornati agli anni Venti del Novecento, quando Piero Gobetti denunciava lo squallore di una Sinistra proletaria devota al parassitismo e una Destra borghese decisamente protezionista.
Il Fascismo allora ebbe la meglio.
Oggi ci auguriamo di non cadere in tempi bui, ma il destino che ci attende non pare essere così luminoso.
Ve lo immaginate se Lega o CinqueStelle declinassero il termine “meritocrazia” e attuassero strumenti atti a realizzare un simile meccanismo?
Nell’odierno Stivale sarebbe il trionfo dei lacchè e dei furbetti.

La soluzione? Un sano liberalismo, fatto di pesi e contrappesi, che possa dare respiro alla vera politica: una politica lungimirante, di stampo riformista, capace di superare destra e sinistra per mettere al centro l’individuo e le sue libertà, capace di valorizzare diritti sociali ed esigere doveri atti a muovere anche gli spiriti dei soggetti più renitenti.
La comunità si muove se unita, ma le differenze tra Nord e Sud mostrano una spaccatura insanabile: l’agenda politica deve inserire tra i suoi principali punti lo sviluppo di un federalismo democratico in grado di risolvere, almeno in parte, tali differenze.
Dopo l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, rischiamo però di consegnare il Paese o a una destra regressiva che aumenterà le disuguaglianze o a populisti che porteranno le casse dello Stato a un inequivocabile dissesto.
Questi due possibili scenari saranno, se non si troveranno ampie maggioranze in Parlamento, il preludio (nel caso peggiore) di un “commissariamento” europeo o (nel caso “migliore”) di un ennesimo governo tecnico-politico magari guidato dal Monti di turno (forse Mario Draghi?).

Il centro-sinistra è stato cancellato, nonostante il PD ha ancora un certo consenso nell’Italia centrale, la sinistra alternativa è ridotta al lumicino, quella più radicale festeggia consensi pari all’1%: tra paradossi, perdite di identità, assenza di leadership, politiche neoliberiste, vetusti linguaggi o moderna comunicazione priva di appeal, la Sinistra chiude i battenti.
Corbyn nel Regno Unito e Sanders negli USA hanno ridato un senso al termine Socialismo, ma non basta: nessuno dei due leader governa o detta le priorità.
Accanto al Socialismo la Sinistra internazionale deve esplicitamente assumere il Liberalismo come progetto di rinnovamento del proprio bagaglio politico-culturale.
In Italia dobbiamo riscoprire Carlo Rosselli, Giuseppe Saragat, Norberto Bobbio, Bettino Craxi: il socialismo liberale è l’ultima opportunità per porre le basi di una Sinistra moderna, riformista, moderata, responsabile e capace di rispondere a temi caldi come la lotta alle disuguaglianze e alla disoccupazione, la salvaguardia ambientale, il controllo dei flussi migratori, la sicurezza, un welfare equilibrato che non gravi fortemente sulle casse dello Stato, la diminuzione del debito pubblico, una valorizzazione del turismo sostenibile, la creazione degli Stati Uniti d’Europa… e perché no, la difficile impresa di rendere meritocratico il nostro Bel Paese.

Riepilogo Dati Elezioni Politiche 2018