Ai tempi di tangentopoli (1992) vivevo il crollo della
prima Repubblica con entusiasmo, sentivo che poteva esserci un futuro diverso
privo di lottizzazioni, clientelismi, corruzioni e privo di tutto ciò che di
oscuro e malsano rendeva la politica (ai miei occhi) un mestiere per farabutti.
Ero un ragazzino di 16 anni, spero possiate perdonare
quell'ingenua mente priva di conoscenze storico-politiche di base.
Come abbiamo potuto constatare oggi ci troviamo di fronte
ad un grado di corruzione elevatissimo: in Europa siamo all'ultimo posto,
raggiunti da Bulgaria, Grecia e Romania.
Coldiretti giovedì (15 gennaio) ha trasmesso i dati del
business dell'agromafia che vola nel
2014 a 15,4 miliardi di euro, con un aumento del 10 per cento in un anno (5.000
i ristoranti in Italia nelle mani della criminalità organizzata).
Promuovere la libera impresa, garantendo "terreno
fertile", dovrebbe essere uno dei compiti di ogni stato liberale europeo,
ma come si fa a investire in un Paese come il nostro così colpito da questi
fenomeni deterrenti?
Facendo un passo indietro agli anni ottanta/novanta penso
che quel periodo vada analizzato maggiormente distinguendo le positive iniziative
politiche di stampo riformista che hanno portato il nostro Paese a raggiungere
nel 1986 un ruolo protagonista nel panorama internazionale e le terribili
vicende di finanziamento illecito ai partiti.
Per questi episodi dobbiamo però rilevare che l'accanimento
della magistratura e dei media è stato simile a quello di un branco di lupi di
fronte ad una pecora (può essere anche una "pecora nera" ma pur
sempre un essere vivente).
L'opinione pubblica ha fatto il resto...
Penso che Craxi e i socialisti, oramai dimenticati dai
media e probabilmente anche dai cittadini, sono stati oggetto di una delle
campagne più meschine e denigratorie di tutti i tempi.
Condannare una stagione politica condannando un'intera
storia ultracentenaria fatta di conquiste sociali mi sembra inaccettabile.
Rimuovere la storia non aiuta a capire il presente e a
immaginare un futuro.
Concludendo, mi piace ricordare lo statista milanese con
una delle sue sacrosante verità:
"In un paese civile, in una democrazia avanzata, si
dovrebbe avere il coraggio di dire basta con questa finta seconda Repubblica.
Le sorti del Paese non stanno nelle mani solo della finanza e della classe
imprenditoriale.
Ma le sorti del Paese stanno nelle mani degli industriali
privati e pubblici, dei finanzieri, dei commercianti, dei professionisti, degli
intellettuali, degli scienziati, dei docenti, degli operai, dei contadini,
degli impiegati, degli artigiani. E stanno nelle mani delle esperienze degli
anziani e della volontà di affermazione e di sacrificio e di conquista dei
giovani".
Bettino Craxi (1934-2000)